L’Attenzione
Il male è nella
superfice, scorre e sembra trasparente, copre con una pellicola fino ad
appartenere, senza darne avviso e parvenza, persino a un saggio che si è fatto
ricoprire, era troppo sicuro di sé e ha abbassato la guardia, dando per scontato lo
svolgimento previsto. Alfine, il male scorre attraverso noi, siamo i vettori di
esso mentre lo guardiamo distrattamente, perché è ormai
patrimonio comune, è normale. E’ normale, è premiato, ricalcato, riprodotto: è giusto. C’è
chi dice “Io ho scelto”, ma spesso è solo un’idea infantile fatta di specchi e
apparenze e chi crede di aver scelto lo nutre, il male. Camminiamo all’indietro come gamberi e davanti agli occhi ci
spiegano le direzioni, gli stop, ecc. Ascoltiamo chi è potente e
quello che non ascoltiamo lo fanno penetrare in noi con mezzi potenti e
seducenti.
L’attenzione è dove non c’è se
stessi; l’attenzione va nel “famigliare” che “non conosciamo”, ma sembra; nel
rischioso, che però non lo sembra; nella paura, che però la conosciamo,
l’abbiamo imparata, ce l’hanno insegnata; l’attenzione va in ciò che preserva
il già stato; l’attenzione va alla soluzione che “i migliori” hanno spiegato;
l’attenzione va al cambiamento che le gerarchie ci hanno illustrato dall’alto,
va a “chi sa”. Va alla nostra paura; va al dolore che è già noi.
Dobbiamo
solo distogliere lo sguardo dal normale, provare a credere in un nostro
obbiettivo “assurdo”: in fondo non è questo l’amore?
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