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Il cinghiale e le galline
Questa è la storia
di un cinghiale che viveva in un recinto dove riceveva frutta, verdura e
cereali. Anche se avrebbe preferito uscire ed essere autonomo, correre nei
prati e decidere della propria vita, non lo dava molto da vedere e poi non ci
pensava, in fondo la sua vita non era male, sicuramente migliore di quella di
molti altri. Quando gli diedero solo acqua e cereali fu meno bella, la sua vita
e anche se per un po’ si arrabbiò, continuò a ritenersi fortunato.
Poi successe
per chissà quali motivi, che gli diedero solo acqua e verdura, lui s’infuriò e
per un po’ fu di cattivo umore, poi quasi si dimenticò dell’accaduto,
soprattutto quando vide le galline che furono picchiate. Pensò che non andava
così male in fondo. Quando gli diedero il fieno vecchio avanzato dai cavalli,
sbuffò e guardò per terra, pensando che era una maledetta carestia e avrebbe
dovuto pur finire un giorno; sconsolato si accontentò di impegnarsi a riposare
più spesso. Poco dopo i cavalli vennero uccisi e a lui servirono solo acqua. Il
cinghiale, dispiaciuto per i cavalli, capì di nuovo che nella sfortuna, lui era
comunque un privilegiato e cercò di dormire il più possibile, anche se non era
facile in mezzo al fango che si formava a causa degli scarichi che adesso si
assorbivano in grande quantità proprio nel suo piccolo recinto. Spesso
allungava fuori la testa dal recinto procurandosi dolorose piaghe per
raggiungere qualche ciuffo d’erba, cosicché a volte gli gettarono dentro una
manata d’erba. E lui ne era grato. Ma sporadicamente, in momenti di rabbiosa
lucidità, si ficcava con forza nei buchi del recinto per raggiungere al meglio
qualche filo d’erba. Il fango si alzava sempre di più, come in una palude e lui
faticava a raggiungere l’erba. E intorno al suo collo, come un grosso collare,
una purulenta piaga gli doleva, anche se il dolore era inferiore alla fame. La
sua fame guadagnò sempre più rabbia, che lui usava per rompere lo steccato, con
scarso risultato, perché quasi metà del suo corpo era ormai nel fango, che gli
imbrogliava la poca forza che aveva e lo slancio necessario per fare danni. Era
veramente arrabbiato, ormai raggiungeva a malapena la fangosa acqua che aveva
per bere. In una notte di incubi, cercò di scardinare un grosso palo e quando
fece mattina, il palo non era più fisso, ma il cinghiale crollò. Quando
dischiuse gli occhi si trovò appeso con una corda proprio attorno alla grossa
piaga dolorosa che col tempo si era procurato per mangiare. Fece appena in
tempo a vedere le galline nane, che molto tempo prima aveva guardato prendere a
pedate, consolandosi; adesso erano su un grosso albero, lontane e
incredibilmente, lui le riuscì a scorgere nonostante la distanza. Pensò
repentinamente: “Sono fuggite”. E subito morì.
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