mercoledì 16 marzo 2016

Il cinghiale e le galline


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il cinghiale e le galline - di Gé Fratello

Il cinghiale e le galline


Questa è la storia di un cinghiale che viveva in un recinto dove riceveva frutta, verdura e cereali. Anche se avrebbe preferito uscire ed essere autonomo, correre nei prati e decidere della propria vita, non lo dava molto da vedere e poi non ci pensava, in fondo la sua vita non era male, sicuramente migliore di quella di molti altri. Quando gli diedero solo acqua e cereali fu meno bella, la sua vita e anche se per un po’ si arrabbiò, continuò a ritenersi fortunato.
Poi successe per chissà quali motivi, che gli diedero solo acqua e verdura, lui s’infuriò e per un po’ fu di cattivo umore, poi quasi si dimenticò dell’accaduto, soprattutto quando vide le galline che furono picchiate. Pensò che non andava così male in fondo. Quando gli diedero il fieno vecchio avanzato dai cavalli, sbuffò e guardò per terra, pensando che era una maledetta carestia e avrebbe dovuto pur finire un giorno; sconsolato si accontentò di impegnarsi a riposare più spesso. Poco dopo i cavalli vennero uccisi e a lui servirono solo acqua. Il cinghiale, dispiaciuto per i cavalli, capì di nuovo che nella sfortuna, lui era comunque un privilegiato e cercò di dormire il più possibile, anche se non era facile in mezzo al fango che si formava a causa degli scarichi che adesso si assorbivano in grande quantità proprio nel suo piccolo recinto. Spesso allungava fuori la testa dal recinto procurandosi dolorose piaghe per raggiungere qualche ciuffo d’erba, cosicché a volte gli gettarono dentro una manata d’erba. E lui ne era grato. Ma sporadicamente, in momenti di rabbiosa lucidità, si ficcava con forza nei buchi del recinto per raggiungere al meglio qualche filo d’erba. Il fango si alzava sempre di più, come in una palude e lui faticava a raggiungere l’erba. E intorno al suo collo, come un grosso collare, una purulenta piaga gli doleva, anche se il dolore era inferiore alla fame. La sua fame guadagnò sempre più rabbia, che lui usava per rompere lo steccato, con scarso risultato, perché quasi metà del suo corpo era ormai nel fango, che gli imbrogliava la poca forza che aveva e lo slancio necessario per fare danni. Era veramente arrabbiato, ormai raggiungeva a malapena la fangosa acqua che aveva per bere. In una notte di incubi, cercò di scardinare un grosso palo e quando fece mattina, il palo non era più fisso, ma il cinghiale crollò. Quando dischiuse gli occhi si trovò appeso con una corda proprio attorno alla grossa piaga dolorosa che col tempo si era procurato per mangiare. Fece appena in tempo a vedere le galline nane, che molto tempo prima aveva guardato prendere a pedate, consolandosi; adesso erano su un grosso albero, lontane e incredibilmente, lui le riuscì a scorgere nonostante la distanza. Pensò repentinamente: “Sono fuggite”. E subito morì.

di Gé Fratello - proprietà depositata

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