Ecco
l’uomo, che cerca sempre di essere “da un’altra parte”, di
distogliere lo sguardo, disinteressarsi, di far dire di no a qualcun
altro, di non voler saperne dell’emotività di chi gli sta di
fronte, almeno che non lo renda superiore.
Gé Fratello
mercoledì 15 giugno 2016
giovedì 26 maggio 2016
Diversità, normalità, cinismo
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"Cercasi nano o disabile, che
faccia tenerezza". Dicevano quelli della RAI per richiedere un
attore. forse si può pensare che non è molto dissimile da dire:
"Cercasi ragazzo alto con aspetto simpatico",vero? però il
problema è che qui si va a sottolineare, con quella espressione, uno
stereotipo,(tra l'altro con l'intento di divulgarlo sui media) quello che dice che un disabile è simile a un bambino
appena nato o un santo. Cioè deve fare pena e compassione, ma non
può , per dire, andare con una prostituta, masturbarsi, darti una
sberla, scoreggiare, gridare in chiesa, ecc. No lui deve piangere,
essere umiliato, bisogna farlo vincere in quanto minorato ed essere
inferiore. Insomma un mondo di fantasia incanalata totalmente in
un'idea moralista falsa e fondata , alla fine, su una base che è
l'incontrario di quello che si vorrebbe far vedere nel teatro del
comportamento verso "lo strano" e "il diverso.
mercoledì 16 marzo 2016
Il cinghiale e le galline
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Il cinghiale e le galline
Questa è la storia
di un cinghiale che viveva in un recinto dove riceveva frutta, verdura e
cereali. Anche se avrebbe preferito uscire ed essere autonomo, correre nei
prati e decidere della propria vita, non lo dava molto da vedere e poi non ci
pensava, in fondo la sua vita non era male, sicuramente migliore di quella di
molti altri. Quando gli diedero solo acqua e cereali fu meno bella, la sua vita
e anche se per un po’ si arrabbiò, continuò a ritenersi fortunato.
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martedì 1 marzo 2016
Sistema paura
Paura
della vecchiaia, del cancro, della povertà, della guerra, degli stranieri, di
ammalarsi, della disoccupazione; come se sapessimo, dovessimo, inconsciamente
essere eterni, quindi una paura scaturita dalla non-voglia di “vivere”. Non si vuole
che l’orologio continui, prolunghi quest’agonia; perché è un’agonia che deve
essere, per non essere Dio. Se fossimo Dio dovremmo essere giusti, condividere
e dedicarci spesso ad aiutare, in senso ampio, gli altri; non pensare di
restare senza denaro, perché già siamo nel Regno e basta; non pensare di poter
morire, ma a quello che si sta facendo e a ciò che si farà, ogni giorno è un
regalo e la morte non è altro che
entrare in profondità in ciò che già siamo.
giovedì 10 dicembre 2015
Come qualche uccello e qualche umano
Uccelli,
come la ghiandaia (Garrulus glandarius – canterino ghiandaio), che ha un canto
possente e un po’ ripetitivo e sotterra grandi quantità di ghiande per
l’inverno; il fringuello alpino che vive a duemila metri di altitudine
(Montifringilla nivalis, da monti e fringilla, cioè dalla famiglia dei
fringillidi e nivalis che è nevoso). L’Averla maggiore (Lanius excubitor: Macellaio
guardia), un piccolo rapace di venticinque centimetri, che con organizzazione e
freddezza riordina le sue prede infilzandole agli aculei di un’acacia o un
rovo, da dove vigila e caccia, per poi dilaniarle e nutrirsene. Viene chiamato
guardiano per l’abitudine di gridare quando scorge in lontananza un rapace,
avvisando così anche gli altri uccelli, per poi coraggiosamente e arditamente,
attaccarlo anche se molto più grande di lui[1].
Tanti nomi e tante attività corrispondenti, però c’è anche il cuculo, sì, che
fa sempre “Cucù, cucù”, insistentemente, in primavera; probabile motivo per
l’attribuzione del nome onomatopeico: Cuculo (Cuculus canorus – Cuculo canoro).
Si dice che il primo canto primaverile del
cuculo è un pronostico di ricchezza per chi lo ode, se si ha una moneta in
tasca (anche senza per alcuni) o, comunque, promette la realizzazione dei
desideri.
giovedì 24 settembre 2015
La Truffa
E poi, è interessante vedere come la parola “fottere”, in
verità interiore, è l’atto, il processo dello stare bene e del piacere psico-carnale
con l’altro che, a volte, accoglie anche l’amore, o forse sempre una forma di
esso, come potrebbe indicare l’etimologia greca e latina molto meno aspre che suppergiù
significa piantare, generare, produrre, essere,
nascere, anche se veniva pure usata con significato osceno. Ma se entriamo
nella verità comunicativa storica e di potere, che purtroppo entra nei simboli,
il “fottere”, tra i suoi significati spesso usati e ricavati dal primo che è
far l’amore, è fregare, vincere sull’altro spavaldamente o con la violenza e la
furbizia, sovrastare come in guerra. Una verità che in Italia è chiara, se si
vuole guardare e illustra il tipo di società in cui ci si trova e il suo
rapporto col sesso, piacere, amore, relazione. Nasce da una “grande” madre. Una
madre divoratrice che alfine, detesta se stessa in segreto. Un patetico
segreto, sempre custodito e alla fine, mantenuto dai più, o da tutti. Certo non
è esclusivamente una realtà italiana, tant’è vero che “fottuto” era una parola
usata nel centro sud Italia, si è diffusa poi dappertutto con i film
statunitensi con la versione anglofona fucking, quest’ultima sembra provenire da aratro, copulare, pene: radici
da varie zone d’Europa. “Fottuto” fa intendere che una protuberanza dura viene
spinta in una rientranza morbida, così, il detentore di protuberanza, prende il
potere o comunque va a rimarcarlo su chi ha la rientranza, che perde la
partita. È una parola che viene usata anche con significato doppio verso un
uomo, accusandolo di aver “perso la partita” ben due volte, una perché si
denota che è omosessuale (o lo è diventato per forza) e un’altra di base, per
essere comunque chi prende. La donna invece ne ha una sola di sconfitta,
sembrerebbe. Quindi, oltre che trattare l’amplesso come un’offesa e una sfida o
battaglia, questa parola ha dentro anche l’omofobia. Detto a un uomo lo indica
come sodomita passivo e quindi per dire che è stato fregato, annientato,
nell’ambito di una logica razzista e omofoba. Anche in questo caso è una logica
tutta da rifare, visto che anche un omosessuale spesso si diverte con rapporti
anali passivi o attivi e non certo si sente uno che è stato fregato, ma bensì,
se proprio, che ha vinto il piacere e la bellezza.
venerdì 31 luglio 2015
Come mangiare?
Qualcuno si interroga
spesso su cosa mangiare e in che quantità, però vi assicuro che è in ugual
misura importante, come e in che stato d’animo si mangia. Se solo si pensa
all’effetto placebo, che ci guarisce e cambia anche morfologicamente il corpo,
si può capire come si mangia e si digerisce con gli occhi e col naso, cioè con
la mente, che agisce sulla bocca, sullo stomaco e su tutto il corpo. Uno stato
mentale adeguato è la base per intraprendere un pasto che possa essere
predigerito, ingoiato, digerito e assimilato ed evitando patologie. Perché
degli stati di eccitazione come rabbia, litigi, risate, discussioni animate,
sia euforiche che rabbiose, fretta, stress, ansia, logorrea, depressione, ecc.
compromettono anche gravemente la masticazione, che rende, quest’ultima, la
digestione difficoltosa, mal fatta, e compromette anche il deglutire, che può
portare al soffocamento (vedi manovra di heimlich[1]) e alla morte. Di
seguito vi spiegherò meglio.
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